Galimberti: la scuola, i computer e l’intelligenza divergente
Umberto Galimberti (Monza, 2 maggio 1942) è un filosofo, sociologo, psicoanalista e accademico italiano, nonché giornalista de La Repubblica. A proposito dell’utilizzo della tecnologia nelle scuole in un’intervista pubblicata dal Giornale di Sicilia affermava:
“Esorterei i professori a usare meno il computer. A che serve? Gli studenti, nativi digitali, ne sanno più di chi dovrebbe insegnare loro l’informatica. Ai ragazzi internet fornisce, dopo anni di guerra al nozionismo, un’infinità di informazioni slegate tra loro, ma non regala senso critico, connessione dei dati e, quindi, conoscenza. I maestri hanno il compito di sviluppare il senso critico e mettere in connessione i dati.
Questi ragazzi bisogna educarli al sentimento per evitare l’analfabetismo emotivo: la base emotiva è fondamentale per distinguere tra bene e male, tra cosa è grave e cosa non lo è. E bisogna farli parlare in classe. Il linguaggio si è impoverito. Si stima che un ginnasiale, nel 1976, conoscesse 1600 parole, oggi non più di 500. Numeri che si legano alla diminuzione del pensiero, perché non si può pensare al di là delle parole che conosciamo. E la scuola è il luogo dove riattivare il pensiero”.
Intelligenza divergente e convergente
“Una intelligenza convergente, che comporta il cercare la soluzione di un problema a partire da come il problema è stato impostato; invece l’intelligenza importante, quella che fa andare avanti la storia, è divergente, e consiste nel risolvere il problema cambiando la sua stessa impostazione, capovolgendolo. Come, per esempio, ha fatto Copernico. In informatica devi trovare la soluzione secondo il programma informatico, altre possibilità non sono previste. Un metodo che svilisce l’intelligenza, trasformandola in esecutiva e non sviluppandone la parte creativa”
Non concordo pienamente…
Non concordo pienamente con le affermazioni di Galimberti, per vari motivi, ma è necessario premettere che mi trovo completamente d’accordo con Galimberti, quando afferma che è necessario educare al sentimento e al senso critico, e che ciò non sta accadendo.
Tuttavia non concordo con la necessità di un minor utilizzo di computer e tecnologia nelle scuole, a maggior ragione se una delle motivazioni addotte è che i professori ne sanno meno degli studenti stessi essendo questi nativi digitali. Quello che è necessario insegnare nelle scuole è appunto l’utilizzo critico della tecnologia, è opportuno far sì che i ragazzi sappiano creare informazioni strutturate, coerenti e veritiere, dal caos magmatico quale è internet.
In una realtà in cui i genitori dei nativi digitali non riescono a comprendere la potenza, la pericolosità, ma anche la necessità di computer e smartphone, è opportuno che la scuola colmi questo vuoto con un’adeguata preparazione dei professori. La soluzione non la si ritrova nell’evitare il problema, diminuendo l’utilizzo dei computer a scuola.
L’informatica favorisce il pensiero divergente
Il fatto che forse Galimberti risulta avulso, come tanti professori italiani, dalla tecnologia e dal mondo dell’informatica lo si capisce dall’affermazione:
“In informatica devi trovare la soluzione secondo il programma informatico, altre possibilità non sono previste.”
Umberto Galimberti
Questa affermazione è completamente falsa. Ciò a cui presumo Galimberti si riferisca, è il fatto per cui su internet troviamo tutte le informazioni di cui abbiamo bisogno e il nostro compito si limiterebbe solamente a quello di selezionatori di opinioni e di informazioni (in altre parole pensiero convergente).
Ma quello che ho capito, studiando Data Science, è che il dato grezzo, senza un’elaborazione e ovviamente una comprensione, è privo di valore allo stesso livello dell’assenza stessa di informazioni. Grazie a persone che riescono a non affondare nel mare di dati e di informazioni oggi prodotti, le aziende riescono ad ottenere realmente benefici da questi.
Allo stesso modo, la scuola deve sviluppare nel ragazzo il senso critico e di coordinamento di informazioni, ma questo non può avvenire se non tramite un corretto utilizzo di internet, dell’accesso faraonico di informazioni.
“In informatica devi trovare la soluzione, selezionando fra infinite informazioni (pensiero convergente), a partire dalle quali creare nuove opzioni da percorrere (pensiero divergente).”
Lorenzo Mannocci
2 risposte
Credo tu non abbia capito questa affermazione “In informatica devi trovare la soluzione secondo il programma informatico, altre possibilità non sono previste.” quando interagisci con un software non hai possibilità di esulare le opzioni che lui ti offre e sei costretto a rispondere spesso a due opzioni: invio e annulla. Cosa c’è di più convergente di ciò?
Tutti gli strumenti sono convergenti, non ti puoi inventare il metodo con cui usare un telescopio. A maggior ragione se si parla di microscelte (come decidere fra inviare e annullare), esse sono sempre convergenti, in quanto dicotomiche. È la completa conoscenza dello strumento, in questo caso un programma informatico, che ti permette di agire secondo un pensiero divergente.
Oltretutto oggigiorno i programmi sono così complessi e pieni di scelte, che l’utente medio non si riesce nemmeno a rendere conto di tutte le possibilità che ha, pensando di essere costretto a scegliere fra poche alternative.
Quindi in realtà sono d’accordo con te, ma credo che non si stia guardando la situazione dal giusto punto di vista